Risarcimento per il dipendente che non è stato ricollocato all’interno del gruppo di società

Riconosciuta la lesione subita dal lavoratore, il quale ha dimostrato che, in caso di sottoposizione a un trattamento simile a quello ricevuto da molti suoi colleghi, egli avrebbe avuto la chance di continuare a prestare servizio per l’azienda (o per una società del gruppo) e di guadagnare in termini di retribuzioni e di TFR, con miglioramento del proprio futuro trattamento pensionistico e della propria professionalità

Risarcimento per il dipendente che non è stato ricollocato all’interno del gruppo di società

Va risarcito il dipendente che prima ha visto dichiarata – in modo illegittimo, come certificato da un provvedimento giudiziario – la sospensione unilaterale del suo rapporto di lavoro con l’azienda e poi si è visto negare, anche in questo caso in modo illegittimo, la ricollocazione, anche in altre società del gruppo. I giudici chiariscono, in premessa, che il lavoratore può denunciare una perdita di chance in presenza di un danno futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico ma della mera possibilità di conseguirlo. I giudici precisano poi che si può parlare di danno anche quando la chance perduta dal lavoratore presenta una ragionevole certezza, o, almeno un’elevata probabilità, di concretizzazione, e aggiungono che in questa ottica è il lavoratore a dovere provare gli elementi idonei a dimostrare, anche solo presuntivamente o basandosi sul calcolo delle probabilità, la possibilità che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato ipotizzato. Applicando questa prospettiva alla vicenda in esame, emerge in modo chiaro la lesione subita dal lavoratore, il quale ha dimostrato che, in caso di sottoposizione a un trattamento simile a quello ricevuto da molti suoi colleghi, egli avrebbe avuto la chance di continuare a prestare servizio per l’azienda (o per una società del gruppo) e di guadagnare in termini di retribuzioni e di TFR, con miglioramento del proprio futuro trattamento pensionistico e della propria professionalità. (Sentenza dell’1 dicembre 2022 del Tribunale di Roma)

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