Alimenti per l’ex coniuge: dovuti dalla data della richiesta ufficiale
Un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio, precisano i magistrati. E il soggetto obbligato ex lege non può giovarsi del fatto che altri abbiano provveduto ai bisogni dell’alimentando

Gli alimenti devono essere riconosciuti a far data dalla proposizione della relativa domanda giudiziale, in applicazione del principio secondo cui un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio, e il soggetto obbligato ex lege non può giovarsi del fatto che altri abbiano provveduto ai bisogni dell’alimentando per andare esente da un’obbligazione a cui era tenuto e che è rimasta inadempiuta nelle more del giudizio.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 10490 del 22 aprile 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso tra due coniugi separati, originato da una donazione poi messa in dubbio a seguito del mancato versamento degli alimenti.
Per i giudici è legittima la pretesa avanzata dall’uomo e mirata alla corresponsione degli alimenti in suo favore. Ciò perché la persistente situazione di disoccupazione dell’uomo e le sue condizioni psichiche hanno reso difficile il reperimento di un lavoro, ponendolo in una condizione di assenza di mezzi di sostentamento, e quindi la moglie era tenuta a corrispondere gli alimenti.
Per quanto concerne la cifra, l’assegno concesso è stato fissato a soli 250 euro, in considerazione dell’aggressività mostrata dall’uomo nei confronti della donna.
Per quanto concerne la decorrenza dell’assegno, essa è fissata alla data della sentenza di secondo grado, essendo provato che in passato, ed anche alla data della pronuncia, i fratelli e la madre dell’uomo avevano fatto fronte alle sue condizioni di indigenza. All’epoca, quindi, le condizioni economiche dell’uomo erano tali da legittimare la richiesta di alimenti, non essendo stato dimostrato che egli fruisse di redditi adeguati tramite l’esecuzione di lavoretti precari.
Ampliando l’orizzonte, poi, occorre tenere presenti, precisano i giudici, i mutamenti delle condizioni economiche delle parti verificatesi in corso di causa, poiché tali circostanze sono idonee ad orientare il potere del giudice di determinazione del quantum degli alimenti, e non anche la sola cessazione o riduzione, in un momento successivo alla loro determinazione. E analoga conclusione deve essere presa anche in relazione alle altre circostanze che, Codice Civile alla mano, possono incidere sulla riduzione degli alimenti, quali la condotta disordinata o riprovevole dell’alimentato, ben potendosi quindi tenere conto, come detto, anche della condotta aggressiva mostrata dall’uomo verso la moglie.
Per chiudere il cerchio, infine, i giudici ricordano che, in assenza di preventiva messa in mora seguita da domanda giudiziale nei successivi sei mesi, gli alimenti debbono essere riconosciuti a far data dalla proposizione della relativa domanda, poiché la decorrenza dalla domanda costituisce applicazione del principio secondo cui un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio. Erroneo, quindi, fissare la decorrenza dell’assegno alla data della sentenza, senza quindi tenere conto della durata del processo, e valorizzando il dato di fatto rappresentato dall’essersi alcuni parenti fatti in concreto carico dei bisogni dell’uomo, a fronte però del mancato adempimento del soggetto obbligato ex lege, cioè la moglie, che non può giovarsi di tale situazione fattuale per andare esente da un’obbligazione a cui era tenuta e che è rimasta nelle more del giudizio inadempiuta.