Niente licenziamento per il lavoratore arrabbiato che urla in azienda

Il dipendente ha scoperto di guadagnare meno di alcuni colleghi e ha reagito in modo poco urbano

Niente licenziamento per il lavoratore arrabbiato che urla in azienda

Secondo quanto accertato, il lavoratore ha espresso disappunto a voce alta per avere scoperto che altri dipendenti erano pagati più di lui. Tuttavia, secondo i giudici, i fatti contestati al lavoratore non sono così gravi da legittimarne il licenziamento, anche perché, contratto alla mano, tra le possibili cause di licenziamento disciplinare non è previsto sia sufficiente che si verifichi un diverbio litigioso, ma occorre che questo sia seguito da vie di fatto e che comporti nocumento o turbativa al normale esercizio dell’attività aziendale. Invece, le condotte poste in essere dal lavoratore messo alla porta dall’azienda non sono state espressamente contemplate dalle parti sociali tra le mancanze che giustificano il licenziamento e, comunque, esse appaiono oggettivamente non particolarmente gravi. I giudici sottolineano che il licenziamento è stato irrogato a fronte di un singolo episodio consistito, sostanzialmente, nelle intemperanze verbali conseguenti alla scoperta del lavoratore di essere trattato in modo deteriore rispetto agli altri dipendenti, ma tale episodio non ha determinato nessuna ulteriore conseguenza, non essendo sfociato in vie di fatto, né avendo causato un qualsivoglia danno alla società. Vero, il lavoratore ha espresso i propri biasimi senza il rispetto dei limiti di continenza e utilizzando espressioni ingiuriose, e non vi è dubbio che tale condotta integri gli estremi di un illecito disciplinare, ma è comunque logico escludere la massima sanzione espulsiva nei confronti del lavoratore, soprattutto considerando le particolari circostanze che avevano determinato la sua reazione, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni da lui svolte e, soprattutto, la mancanza di sanzioni disciplinari per circa 7 anni. Sproporzionato, quindi, il licenziamento deciso dall’azienda. (Sentenza 19181 del 14 giugno 2022 della Corte di Cassazione)

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