Sospeso il dipendente “no vax”: gli hanno riconosciuto almeno mezzo stipendio
Accolta l’istanza presentata da un assistente capo di Polizia penitenziaria che non si è sottoposto al ciclo vaccinale anti COVID-19

Almeno mezzo stipendio va riconosciuto al lavoratore sospeso perché non vaccinato. Questa la posizione assunta dai giudici amministrativi del Tar Lazio, chiamati a prendere in esame l’azione giudiziaria proposta da un assistente capo di Polizia penitenziaria e mirata ad ottenere l’annullamento del provvedimento con cui, una volta preso atto della sua mancata sottoposizione al ciclo vaccinale anti COVID-19, è stata disposta la sua sospensione immediata dallo svolgimento dell’attività lavorativa. Per i giudici è necessario contemperare la tutela della salute con il diritto allo stipendio dei lavoratori, e in questa ottica è legittimo, almeno in questa prima fase – a maggio ci sarà un’ulteriore udienza per esaminare nel merito la questione – accogliere la domanda del lavoratore sospeso e, soprattutto, riconoscergli un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio. Più precisamente, i giudici ritengono indispensabile un approfondimento tra la tutela della salute come interesse collettivo – cui è funzionalizzato l’obbligo vaccinale – e l’assicurazione di un sostegno economico vitale – idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell’attività di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami – tenuto conto che la sospensione è dichiaratamente di natura non disciplinare e implica la privazione integrale del trattamento retributivo. (Ordinanza 1234 del 25 febbraio 2022 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio)