Regolarizzazione di dipendenti: va dettagliata la valutazione sulla capacità reddituale dell’impresa
Non sufficiente il mero richiamo all’operazione aritmetica costituita dalla sottrazione del totale degli acquisti al volume d’affari

In materia di regolarizzazione di più lavoratori da parte dell’imprenditore agricolo, la valutazione tecnico-discrezionale, di competenza dell’Ispettorato del lavoro, sulla capacità reddituale dell’impresa che è datore di lavoro non può risolversi in una semplice operazione aritmetica costituita dalla sottrazione del totale degli acquisti al volume d’affari. Difatti, a differenza dell’ipotesi in cui ad assumere lavoratori sia una persona fisica, per la quale rileva unicamente il reddito, la relativa valutazione della capacità economica – che dal tenore della legge dovrebbe essere peraltro di particolare favore rispetto alle altre tipologie d’imprese ammesse alla regolarizzazione – può incentrarsi, in via ausiliaria, anche su indici di capacità economica di tipo analitico maggiormente significativi, come l’esistenza di costi per investimenti fissi, beni ammortizzabili, o la fruizione di benefici fiscali o contributi unionali. Nel caso preso in esame dai giudici è palese l’errore concretizzatosi con la mancata considerazione, da parte dell’Ispettorato del lavoro e quindi della Prefettura, di elementi, ricavabili dalla dichiarazione IVA (od anche dalla dichiarazione dei redditi), che sono alla base della costruzione delle principali voci contabili dell’impresa, e che paiono lasciare spazio, in questa vicenda, ad una favorevole valutazione della concreta ed effettiva solidità economica dell’azienda agricola che ha presentato dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare subordinato in favore di un operaio. (Sentenza 1197 del 25 ottobre 2022 del Tribunale amministrativo regionale della Toscana)