Pregiudizio della donna verso l’ex compagno: ciò non basta per affidare in via esclusiva la prole all’uomo

Al fine di modificare l’affidamento del minore e diritto di visita o di adottare misure che ne comportino lo spostamento della residenza con la conseguente alterazione delle sue abitudini di vita, è necessario accertare la veridicità di comportamenti pregiudizievoli per il minore

Pregiudizio della donna verso l’ex compagno: ciò non basta per affidare in via esclusiva la prole all’uomo

In materia di affidamento dei figli, è illogico ‘punire’ il genitore che si mostra fortemente critico nei confronti dell’altro genitore. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 9888 del 15 aprile 2025 della Cassazione), i quali, ritenendo legittime le obiezioni sollevate da una donna, mettono in discussione il provvedimento con cui i figli di lei e dell’ex partner sono stati affidati in via esclusiva all’uomo.
In particolare, in Appello, sono state evidenziate, con il richiamo alla relazione dei ‘Servizi sociali’ in merito alla donna, modalità difensive e assenza di autocritica rispetto alla propria genitorialità, ma ciò non è sufficiente, secondo i giudici di Cassazione, per fondare il collocamento prevalente dei minori in tenera età presso il padre con attribuzione a lui delle decisioni di maggior rilievo riguardanti i figli, oltretutto ignorando del tutto le allegazioni relative alle violenze da lui compiute tra le mura domestiche.
Entrando nei dettagli, in Appello si è fatto richiamo ad alcuni stralci della consulenza in cui si afferma che la madre non riesce a non trasmettere ai figli il proprio giudizio negativo nei confronti del padre – lo ritiene incapace di assolvere alle esigenze dei minori e manifesta nei suoi confronti, anche in presenza dei figli, un’ostilità ancora più accentuata –, ma non emerge, annotano i magistrati di Cassazione, l’osservazione di precisi comportamenti bensì una valutazione personologica. Invero, pur essendo emerso per entrambi i genitori una sostanziale adeguatezza nell’esercizio delle funzioni genitoriali di base e l’assenza di psicopatologie di rilievo idonee a interferire significativamente con le competenze genitoriali, si è dato rilievo ad una problematica rappresentata dalla lesione della funzione cosiddetta triadica ovvero dall’ostilità della madre nel consentire l’accesso al terzo simbolico che intervenga nella relazione con i figli.
Inquadrando la questione in via più generale, poi, i giudici di terzo grado sottolineano che, al fine di modificare l’affidamento del minore e diritto di visita o di adottare misure che ne comportino lo spostamento della residenza con la conseguente alterazione delle sue abitudini di vita, non è sufficiente la diagnosi di una patologia, tantomeno di una diagnosi su cui non vi siano solide evidenze scientifiche, mentre è necessario accertare la veridicità di comportamenti pregiudizievoli per il minore, senza che sia decisivo il giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della patologia diagnosticata.
Applicando questa prospettiva alla vicenda in esame, anche lo stato di disagio o sofferenza dei bambini viene imputato alla madre per avere preteso di esercitare il suo diritto di frequentazione paritetica, ma non si descrivono, in realtà, altre condotte pregiudizievoli del genitore, che, peraltro, si era trasferito per ragioni di lavoro.
In sostanza, l’idoneità genitoriale non può prescindere in nessun caso dalla osservazione del comportamento, e quindi non si può far discendere dalla diagnosi di una patologia, anche se scientificamente indiscussa e a maggior ragione se dubbia, una presunzione di colpevolezza o di inadeguatezza al ruolo di genitore, scissa dalla valutazione in fatto dei comportamenti. Di conseguenza, in tema di affidamento del minore e connesso diritto di visita, la diagnosi di una patologia o anomalia personologica di uno o di entrambi i genitori, rilevata e accertata dal consulente tecnico d’ufficio, anche se scientificamente fondata, non può essere recepita acriticamente dal giudice, ma deve essere inserita nel contesto della dinamica processuale in cui viene in rilievo la posizione di tutte le persone aventi diritto alla tutela della relazione familiare, non potendosi prescindere della osservazione e valutazione dei comportamenti tenuti dai genitori e dal figlio, e di tutti gli elementi che connotano la relazione familiare ai fini di accertare il miglior interesse del minore.

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