Omessa diagnosi della malformazione fatale per il feto: risarciti i genitori che non si sono potuti preparare alla morte del figlio

I danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all’autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche a quelli connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita

Omessa diagnosi della malformazione fatale per il feto: risarciti i genitori che non si sono potuti preparare alla morte del figlio

In caso di responsabilità del medico per l’omessa diagnosi di una malformazione, poi rivelatasi letale, del feto, è risarcibile il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione costituito dalla perdita della possibilità di accettare l’evento con minore intensità emotiva e psicologica. Questo il principio di diritto fissato dai giudici (ordinanza numero 30218 del 22 novembre 2024 della Cassazione), i quali hanno in sostanza ritenuto plausibile riconoscere un ristoro economico ad una madre e ad un padre che, a causa della superficialità addebitabile ad una ginecologa, non si sono potuti preparare alla nascita di un feto morto. Decisiva la ricostruzione della triste vicenda. In sostanza, la donna ha fatto ricorso, durante la gravidanza, alle prestazioni della sua ginecologa di fiducia, dalla quale si è recata con regolarità settimanale e presso la quale si è sottoposta a periodiche indagini ecografiche, che ogni volta hanno dato esito positivo, non indicando alcuna patologia a carico del feto. Solo verso la fine della gravidanza, a sole due settimane dal parto, la dottoressa ha notato presenza di liquido nei polmoni ed ha sospettato una grave insufficienza cardiaca, consigliando alla donna un ricovero immediato in ospedale. Così, il giorno dopo, la donna è stata ricoverata in ospedale, dove hanno diagnosticato al feto un difetto morfologico del cuore. Perciò i medici hanno avvertito la donna ed il marito che il neonato non sarebbe sopravvissuto: difatti, il bambino è morto pochi giorni dopo il parto. I due coniugi hanno ipotizzato un ritardo diagnostico nella condotta della ginecologa e hanno perciò lamentato un pregiudizio consistente nel fatto che, se avessero saputo per tempo della grave malformazione del feto e del destino segnato per il figlio, avrebbero abortito o comunque si sarebbero preparati all’evento, e non lo avrebbero invece subito come una sorpresa, cosa che invece ha creato loro un maggiore disagio psicologico. In premessa, i giudici di Cassazione osservano che il danno lamentato dai due genitori non è costituito dalla morte della bambina, che, è pacifico, sarebbe comunque morta, anche ove la ginecologa si fosse accorta con anticipo della malformazione, bensì è rappresentato dal fatto di aver conosciuto la sorte della figlia solo tardi, nella immediatezza del parto, e dunque di non essersi potuti preparare all’evento e di avere dunque subito un trauma maggiore di quello che avrebbero subito se avessero potuto prepararsi all’evento. Questo tipo di pregiudizio è un danno risarcibile, sanciscono i giudici, richiamando il principio secondo cui, in tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazione del feto, i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all’autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche a quelli connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita. Non fa differenza, poi, che ai genitori sia stato negato di prepararsi alla nascita di un bambino che comunque sopravvive malato, anziché al fatto che il bambino nasca morto: ciò che costituisce lesione della autodeterminazione è il fatto di prepararsi ad un evento difficile da accettare ed assimilare, sul presupposto che, a conoscerlo prima, la sofferenza è minore. E non fa differenza che ci si debba preparare ad affrontare la morte del neonato, anziché la sua sofferente sopravvivenza. In entrambi i casi è tolta la possibilità di accettare l’evento con minore intensità emotiva e psicologica.

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