Firma digitale del legale: la validità deve essere fornita dall’ente che l’ha rilasciata

Rimessa in discussione la posizione del giudice che ha dichiarato in automatico inammissibile un ricorso

Firma digitale del legale: la validità deve essere fornita dall’ente che l’ha rilasciata

Nel contesto di una giustizia sempre più telematica è illogico catalogare come inammissibile il ricorso proposto dal legale con tanto di firma digitale solo perché il giudice non ha potuto consultare le liste di revoca della firma digitale, liste che, gestite secondo stringenti requisiti tecnici dai gestori abilitati al rilascio delle firme digitali, contengono l’elenco, aggiornato in tempo reale, delle firme che sono state per qualche ragione revocate o sospese. I giudici riconoscono che la persistente validità – cioè la non revoca – della firma digitale costituisce un requisito essenziale per attribuire al legale la paternità dell’atto, ma la dimostrazione del possesso di tale requisito non può essere fornito dal legale stesso come sottoscrittore dell’atto bensì dall’ente abilitato al rilascio della firma digitale. Anche perché la consultazione delle liste di revoca, messe a disposizione dal provider che ha rilasciato all’utente la firma digitale, avviene nell’ufficio giudiziario per il tramite di un sistema applicativo di una terza parte, e quindi la impossibilità di consultare le liste di revoca delle firme rilasciate dal certificatore abilitato può dipendere, ed anzi essenzialmente dipende, da un problema tecnico dell’ufficio che effettua la verifica e che, verosimilmente a causa di alcune errate impostazioni del sistema, non è posto in grado di raggiungere le liste di revoca pubblicate dal certificatore. (Sentenza 41098 del 12 novembre 2021 della Cassazione)

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