Figlio maggiorenne e autosufficiente, lascia la casa della madre e dice addio al mantenimento paterno: ciò non basta per aumentare l’assegno divorzile in favore della donna
Fondamentale che vi siano prove certe in merito al concreto contributo economico offerto dal figlio alla madre per fronteggiare le spese relative alla casa

La revoca del contributo paterno al mantenimento del figlio che convive con la madre non può legittimare in automatico la richiesta della donna di ottenere un incremento dell’assegno divorzile a carico dell’ex marito. Necessario, invece, che la donna dia prova che il figlio ha fornito, finché viveva con lei, il proprio apporto economico per fronteggiare le spese relative alla casa. Necessario quindi un approfondimento per la vicenda presa in esame dai giudici, vicenda che vede la donna chiedere all’ex marito un assegno divorzile più corposo, sostenendo che ella si ritrova ora in una situazione economica più precaria poiché non può più fare affidamento sul contributo alle spese per l’abitazione offertole dal figlio, che con lei conviveva e che poi è diventato autosufficiente economicamente, si è trovato una casa e ha dovuto dire addio al mantenimento paterno. Smentita la valutazione, favorevole alla donna, compiuta dai giudici d’Appello, valutazione secondo cui la revoca dell’assegno paterno per il mantenimento del figlio – maggiorenne divenuto autosufficiente economicamente e non più convivente con la madre – è sufficiente per autorizzare un incremento dell’assegno divorzile a carico dell’ex marito, a fronte della perdita delle somme fornite dalla donna al figlio e destinate alle spese comuni, come condomino, canone di locazione e riscaldamento della casa. (Ordinanza 7665 del 9 marzo 2022 della Cassazione)