Ritardo del volo: risarcito sia il danno patrimoniale che quello non patrimoniale

Necessaria, però, l’esistenza di una lesione grave di diritti inviolabili della persona. Insufficiente il riferimento a meri disagi o fastidi

Ritardo del volo: risarcito sia il danno patrimoniale che quello non patrimoniale

Alla luce di quanto previsto dalla ‘Convenzione di Montreal’ sul trasporto aereo internazionale, in caso di ritardo del volo, spetta al passeggero il risarcimento del danno non solo nella sua componente patrimoniale ma anche in quella non patrimoniale. Quest’ultima è risarcibile, nello specifico, quale conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati. Tuttavia, il danno non patrimoniale non è configurabile in re ipsa, dovendosi accertare sia la lesione grave di un interesse inviolabile costituzionalmente garantito, sia la sussistenza di un pregiudizio (non consistente in meri disagi o fastidi) legato da un nesso di causalità giuridica all’evento di danno rappresentato dal ritardo. Questi i principi ribaditi dai giudici (sentenza numero 35314 del 31 dicembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata da alcuni turisti, rimasti vittime di un vero e proprio incubo, cioè prima un ritardo di oltre tre ore del volo, poi la cancellazione del volo, infine la lunga attesa per fare rientro in Italia nonché, come ulteriore beffa, il ritardo nell’arrivo a Roma con la conseguente perdita del volo diretto a Genova. A rilevare è la reale fenomenologia del pregiudizio subito dai turisti e sotto tale profilo è inequivocabile l’accertamento della sussistenza effettiva delle conseguenze dannose allegate dai passeggeri, descritte in termini di gravissimo stress subito per il panico scatenato dall’interrotta manovra di decollo e dalle peripezie protrattesi per ben due giorni prima di fare ritorno a Genova. Per maggiore chiarezza, poi, i giudici ricordano che il danno non patrimoniale è categoria unitaria dal punto di vista giuridico, nel senso che costituisce l’esito di un giudizio sintetico delle ripercussioni negative sul valore–uomo, ma non lo è dal punto di vista fenomenologico, sicché deve ribadirsi che non è necessario ricorrere ad una forzata panbiologicizzazione del danno: il danno biologico (che può anche ricomprendere la sofferenza psicofisica o sofferenza biologica, o sofferenza menomazione-correlata, apprezzabile dal punto di vista medico-legale e nosologico) è autonomo rispetto al danno cosiddetto morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore o patema d’animo subita dal soggetto in conseguenza della lesione di un suo diritto soggettivo, ma anche come dolore, paura, ansia, disperazione. Il fatto illecito può produrre nella sfera umana due tipologie di sofferenze: vi sono, infatti, pregiudizi dinamico-relazionali e sofferenze morali. Il giudice, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (cosiddetto danno morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno cosiddetto esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti. Analizzando la specifica vicenda, non ci si è limitati ad accertare l’inadempimento della compagnia aerea, ma si è stimato che detto inadempimento aveva prodotto conseguenze pregiudizievoli, per i viaggiatori, conseguenze non tradottesi, però, in meri disagi, disagi, fastidi, disappunti, ansie e generiche insoddisfazioni.

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