Obbligo vaccinale anti COVID per i sanitari: parola alla Corte Costituzionale

Il caso riguarda, nello specifico, un’ostetrica che ha agito per impugnare il provvedimento datoriale di sospensione dall’attività lavorativa e dalla retribuzione, provvedimento notificatole per non avere lei adempiuto all’obbligo vaccinale contro il COVID-19. La lavoratrice sostiene, innanzitutto, di non essersi sottoposta alla terza dose di vaccino per aver contratto il virus dopo la seconda inoculazione, e poi, in aggiunta, eccepisce l’illegittimità dell’obbligo vaccinale previsto per i sanitari, sollevando dubbi in merito alla costituzionalità di tale obbligo. I giudici annotano, preliminarmente, che l’imposizione dell’obbligo vaccinale nei confronti dei sanitari è dichiaratamente strumentale alla soddisfazione di due interessi pubblici, cioè quello alla tutela della salute collettiva, da un lato, e quello al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’esercizio delle prestazioni sanitarie, dall’altro. Tuttavia, vi sono dubbi di legittimità costituzionale, rilevano i giudici, nella parte in cui la norma prevede che l’adibizione del sanitario non vaccinato a mansioni diverse senza decurtazione della retribuzione è ammessa solo per il periodo in cui la vaccinazione è omessa (in virtù di un’esenzione) o solo differita. In sostanza, secondo i giudici, il pericolo di diffusione del virus è uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato, indipendentemente dal fatto che l’omessa vaccinazione sia dovuta ad una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la salute. Per concludere, la questione dovrà ora essere esaminata dalla Corte Costituzionale. (Ordinanza del 22 agosto 2022 del Tribunale di Brescia)