Licenziato l’operatore ecologico che non vuole guidare il mezzo aziendale per la raccolta dei rifiuti

La condotta costata cara al lavoratore è il rifiuto, per quattro giorni di fila, ad effettuare la prestazione richiesta dall’azienda

Licenziato l’operatore ecologico che non vuole guidare il mezzo aziendale per la raccolta dei rifiuti

Rifiutare ripetutamente la prestazione richiesta dall’azienda può costare il posto di lavoro. La Cassazione (Cass. civ., sez. lav., ord., 24 giugno 2024, n. 17270) ha confermato definitivamente il licenziamento di un operatore ecologico che, per quattro giorni di fila, ha rifiutato di mettersi alla guida di un veicolo aziendale utilizzato per la raccolta dell’immondizia nell’ambito di un appalto pubblico.

Nello specifico, dalla ricostruzione della vicenda è emerso che il lavoratore, inquadrato come operatore ecologico, si era rifiutato di eseguire la prestazione richiestagli con ordini di servizio dell’azienda che lo aveva assegnato all’esecuzione della raccolta dei rifiuti con l’ausilio di un mezzo aziendale.

Per la società, assegnataria di un appalto relativo al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti, è risultata impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro e ha intimato il licenziamento.

La decisione viene ritenute illegittima in Tribunale ma in appello viene sottolineata la gravità dell’insubordinazione e viene confermato il licenziamento. L’operatore ecologico ha infatti confermato davanti ai giudici le dichiarazioni a sua firma apposte sugli ordini di servizio dove aveva scritto di non essere tenuto a svolgere mansioni di autista e che pertanto sarebbe rimasto a disposizione in cantiere. Il contratto però prevede la conduzione dei veicoli con ‘patente B’ come requisito del profilo professionale dell’operatore ecologico e dunque l’azienda poteva adibire il dipendente, come operatore singolo, all’attività di raccolta con la conduzione del mezzo.

Inutile il ricorso della difesa in Cassazione. Decisiva la valutazione della gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della vicenda.

La Cassazione condivide la linea argomentativa dei giudici dell’appello, soprattutto sul fronte della gravità dell’infrazione: il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione secondo le direttive aziendali e di mettersi alla guida dei veicoli (attività rientrante nel suo profilo professionale) in modo tale da impedire il regolare espletamento del servizio pubblico appaltato alla società, costituisce una condotta idonea a ledere definitivamente il vincolo fiduciario tra azienda e dipendente e a giustificare il licenziamento.

 

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