Licenziamento illegittimo e lavoratrice risarcita: il raggiungimento dell’età pensionabile non può rendere meno gravoso l’onere economico a carico dell’azienda
Confermato il diritto della dipendente a percepire l’intera indennità stabilita dai giudici, cioè quasi 30.000 euro
Licenziamento illegittimo e risarcimento pieno per la lavoratrice. Irrilevante il fatto che ella abbia raggiunto nel frattempo l’età pensionabile. Per i giudici, difatti, il compimento del 65esimo anno di età non può considerarsi causa risolutiva del rapporto. Ciò significa che il compimento dell’età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per il sorgere del diritto a pensione non impediscono, qualora, come nella vicenda presa in esame, si concretizzino durante la pendenza del giudizio di impugnazione del licenziamento, l’emanazione del provvedimento di reintegra del lavoratore e la condanna del datore di lavoro a versare il risarcimento del danno al dipendente, risarcimento fissato nella misura corrispondente alle retribuzioni riferibili al periodo compreso tra la data del recesso – illegittimo – del rapporto di lavoro e quella della reintegrazione. Assolutamente non corretta, quindi, la decisione dell’azienda di ridurre il risarcimento – fissato dai giudici in quasi 30.000 euro – in favore della dipendente, versandole solo l’importo pari alla retribuzione globale di fatto calcolata dalla data del licenziamento fino al 65esimo anno di età della lavoratrice – periodo: luglio 2005 –, omettendo di considerare l’ulteriore periodo fino al marzo del 2011. (Ordinanza 29365 del 21 ottobre 2021 della Cassazione)