Inaccettabili le frasi dell’amministratrice di società che punta solo a manager donne solo sopra i 40 anni

Affermare che la donna per età o per i suoi carichi di famiglia o status non possa rivestire un ruolo apicale o importante costituisce una forma oggettiva di discriminazione

Inaccettabili le frasi dell’amministratrice di società che punta solo a manager donne solo sopra i 40 anni

Sacrosanto catalogare come discriminatorie le frasi, pronunciate peraltro in occasione di un evento pubblico, con cui l’amministratrice di una società per azioni ha dichiarato apertamente di puntare solo su uomo o, altrimenti, su donne sopra i 40 anni per ricoprire le posizioni importanti della società. A rendere più grave la situazione, poi, la precisazione fornita dall’amministratrice, ossia la sottolineatura che a 40 anni le donne “se dovevano sposarsi, si sono già sposate. Se dovevano far figli, li hanno già fatti. Se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello. E quindi diciamo che io le prendo che hanno fatto tutti i quattro giri di boa, quindi sono lì belle tranquille con me a mio fianco e lavorano ventiquattro ore al giorno, e questo è importante. Consequenziale anche la condanna della società a risarcire l’associazione che ha portato avanti questa battaglia legale e a versarle 5mila euro. Presa di posizione netta, quella dei giudici (sentenza del 4 giugno 2024 del Tribunale di Busto Arsizio), i quali hanno censurato fortemente la condotta tenuta dall’amministratrice della società. In sostanza, le frasi incriminate rivestono carattere discriminatorio per età, genere, status e carichi familiari. Ciò perché la presa di posizione della legale rappresentante della società, che apertamente dichiara, in qualità di imprenditore responsabile, di perseguire una politica di assegnazione nei posti manageriali e importanti che privilegia gli uomini, limitando tali ruoli esclusivamente a donne oltre i 40 anni perché libere da impegni familiari (meglio se separate), costituiscono una grave forma di discriminazione in violazione dei valori fondamentali della Costituzione, in cui il lavoro anche imprenditoriale impone il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà che non tollerano distinzioni di genere o pregiudizi di sorta, vincolando l’iniziativa privata al rispetto dell’utilità sociale che ricomprende quei valori fondanti della Costituzione misconosciuti dalle frasi dell’amministratrice della società. Il comportamento tenuto in un incontro pubblico costituisce una forma di discriminazione, sia per il contesto in cui è stato posto in essere, sia in quanto idoneo oggettivamente, per l’estrema diffusione, a dissuadere le lavoratrici dall’accedere o presentare candidature per le posizioni di vertice della società. E la oggettiva discriminazione per età si sovrappone ad altri fattori di pregiudizio quali quelli per genere, impegni familiari e status, in manifesta violazione delle previsioni del ‘Codice delle pari opportunità e delle politiche di genere’. Per i giudici il quadro è chiarissimo: affermare che la donna per età o per i suoi carichi di famiglia o status non possa rivestire un ruolo apicale o importante costituisce una forma oggettiva di discriminazione, frutto di un pregiudizio che lede i minimali principi di dignità sociale e palesa un atteggiamento oggettivo di penalizzazione multipla di fattori protetti nella fase di selezione.

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