Il possesso di armi, derivanti da una rapina, può costare il posto di lavoro

Confermato il licenziamento di un lavoratore. Corretta la valutazione compiuta dall’azienda sulla gravità della condotta extralavorativa tenuta dal dipendente

Il possesso di armi, derivanti da una rapina, può costare il posto di lavoro

Le condotte tenute dal dipendente fuori dal contesto lavorativo sono comunque potenzialmente idonee a rompere in maniera definitiva il vincolo fiduciario col datore di lavoro e a legittimare perciò il licenziamento. Fondamentale però che le condotte prese in esame creino un danno morale, materiale e d’immagine all’azienda. Il riferimento è, nello specifico del caso preso in esame dai giudici, al licenziamento disciplinare subito da un lavoratore e poggiato sui fatti per i quali egli era stato sottoposto a procedimento penale, ossia il possesso di armi derivanti da una rapina. Per i giudici l’addebito mosso al lavoratore è grave e idoneo a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario col datore di lavoro. Ciò perché ci si trova di fronte a comportamenti chiaramente contrastanti con i fondamentali principi etici e sintomatici del possibile collegamento con ambienti delinquenziali, e quindi, pur riferendosi a situazioni extralavorative, tali da avere una palese incidenza anche nel rapporto di lavoro. In particolare, nel caso specifico, i comportamenti tenuti dal lavoratore sono sicuramente idonei a ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro. (Sentenza del 1° marzo 2022 della Corte d’Appello di Catanzaro)

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