I parenti della vittima di un incidente stradale hanno diritto al risarcimento del danno psichico?

Il danno psichico costituisce una voce di danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ma solo in presenza di una diagnosi specialistica

I parenti della vittima di un incidente stradale hanno diritto al risarcimento del danno psichico?

I parenti di un centauro deceduto in un incidente stradale chiedevano al Tribunale di Milano la condanna dell’automobilista responsabile del sinistro e della sua compagnia assicurativa al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, quantificati per oltre 1milione di euro.

Il Tribunale, dopo aver accertato la dinamica dell’incidente, ha ritenuto responsabili in egual misura sia l’automobilista convenuto che il centauro deceduto. Accertava quindi il diritto dei congiunti al risarcimento dei danni patrimoniali e non. In sede d’appello la decisione veniva confermata, ma veniva esclusa l’esistenza di una vera e propria patologia psichiatrica lamentata dagli appellanti.

La vicenda è giunta in Cassazione dove i parenti della vittima lamentano l’omessa pronuncia sulla richiesta di accertamento della sussistenza del danno biologico di natura psichica. La doglianza risulta però infondata.

La Corte d’appello, infatti, pur avendo ammesso la possibilità di considerare il danno psichico e il danno relazionale quali differenti voci entrambe risarcibili, ha correttamente osservato che la relazione dello psicologo portata in giudizio risulta successiva all’inizio del processo e che non vi è alcuna documentazione per il periodo anteriore di sedute psicoterapiche o di spese mediche attinenti. Dalla documentazione si desume solo la partecipazione della madre e della sorella ad un numero esiguo di sedute psicoterapiche, ma senza alcuna diagnosi o prescrizioni farmacologiche.

Mentre per quanto riguarda le voci di danno relative al dolore e alla sofferenza, si tratta di aspetti che il giudice valutate e liquida con riferimento alle c.d. tabelle del Tribunale di Milano alla voce “danno da perdita della relazione parentale”.

Il ricorso risulta in definitiva infondato e viene quindi rigettato (Cass. civ., sez. III, ord., 16 maggio 2024, n. 13616).

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