Figlio maggiorenne in difficoltà chiede l’aiuto del padre: deve provare l’impegno nel cercare un lavoro

Il diritto al mantenimento verte sulla circostanza che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o si sia, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro.

Figlio maggiorenne in difficoltà chiede l’aiuto del padre: deve provare l’impegno nel cercare un lavoro

Se il figlio maggiorenne pretende ancora il mantenimento dal genitore, ha l’obbligo di provare l’impegno rivolto al reperimento di un’occupazione nel mercato del lavoro e la concreta assenza di personale responsabilità nel ritardo a conseguirla. Questo il principio applicato dai giudici (ordinanza numero 24731 del 16 settembre 2024 della Cassazione), i quali hanno ritenuto legittime le perplessità manifestate da un uomo in merito all’onere impostogli di contribuire al mantenimento della figlia ormai maggiorenne, che ha iniziato in ritardo il percorso universitario e si è barcamenata tra lavori saltuari e precari. Erronea, spiegano i magistrati, la tesi secondo cui l’onere della prova dell’autosufficienza dei figli spetta al genitore. In generale, la prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento verte sulla circostanza che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o si sia, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro. Di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento.; Viceversa, per il figlio adulto, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendono giustificato il mancato conseguimento di un’autonoma collocazione lavorativa. E ciò significa, in particolare, che, una volta raggiunta la maggiore età, si presume l’idoneità al reddito, presunzione che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore. Occorre, di conseguenza, che sia provato dal figlio che richiede il mantenimento genitoriale il suo impegno rivolto al reperimento di un’occupazione nel mercato del lavoro e la concreta assenza di personale responsabilità nel ritardo a conseguirla. In questa ottica, poi, la dimostrazione del diritto all’assegno di mantenimento sarà più gravosa man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare il cosiddetto figlio adulto, rispetto al quale, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, si valuterà, caso per caso, se possa ancora pretendere di essere mantenuto, anche con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate e all’impegno realmente profuso nella ricerca, prima, di una idonea qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa. Ciò in quanto il figlio che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, un’occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare, per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso. Di conseguenza, l’obbligo di effettuare una valutazione caso per caso corrisponde alla necessità di tenere conto della funzione educativa del mantenimento (nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo relativo, in termini sia di contenuto che di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per l’inserimento di un giovane nella società) e di declinare il principio di autoresponsabilità rispetto alla fattispecie concreta. Non è data, invece, al giudice la possibilità di fare ricorso a considerazioni di carattere generale (quali le consuetudini esistenti nella nostra società ai fini dell’obbligo di trovarsi una sistemazione) che facciano riferimento al criterio dell’id quod plerumque accidit piuttosto che verificare se, nel caso concreto, la presunzione di idoneità al reddito al raggiungimento della maggiore età sia superata dalla prova di condizioni che integrino il diritto al mantenimento ulteriore.

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