Danni da Talidomide in gravidanza: per il risarcimento 5 anni di tempo dalla scoperta della disabilità

Il termine di prescrizione del risarcimento per i danni subiti a causa dell’assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante decorre dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo, salvo prova che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l’assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione, sia maturata in epoca anteriore.

Danni da Talidomide in gravidanza: per il risarcimento 5 anni di tempo dalla scoperta della disabilità

A seguito dell’assunzione di “Talidomide” durante la gravidanza, il neonato nasceva focomelico. Una volta raggiunta l’età adulta, l’uomo chiedeva al Ministero della Salute il risarcimento dei danni patiti. Il Tribunale aveva inizialmente accolto la domanda, ma in sede d’appello era stato dichiarato prescritto il diritto al risarcimento. La questione è giunta all’attenzione della Suprema Corte.

Il danneggiato lamenta che la Corte territoriale abbia fissato il “dies a quo” della prescrizione quinquennale nel momento in cui egli ebbe conoscenza della malattia e non al momento dell’assunzione del farmaco dagli effetti teratogeni.

Il ricorso viene accolto.

La giurisprudenza infatti ha esteso ai danni conseguenti alla somministrazione di farmaci contenente Talidomide gli stessi principi enunciati con riferimento ai danni da emotrasfusione di sangue infetto. L’equiparazione tra le due fattispecie, «porta a ritenere che, pure nel presente caso, il c.d. “exordium praescriptionis” coincida con la presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo (nella specie, previsto dall’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229), spettando alla controparte dimostrare, anche attraverso il ricorso a prova presuntiva, che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale all’assunzione del farmaco».

Ha errato dunque la Corte territoriale nel proprio ragionamento presuntivo circa la pregressa conoscenza o, meglio, conoscibilità, da parte dell’interessato, rispetto al momento della presentazione della domanda di liquidazione dell’indennizzo, dell’efficienza causale dell’assunzione del farmaco rispetto alla propria disabilità.

In conclusione, la pronuncia afferma il principio secondo cui «il termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell’assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l’assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore».

La Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese di lite. (Cass. civ., sez. III, ord., 24 gennaio 2024, n. 2375)

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