Critiche su Facebook all’azienda: legittimo il licenziamento del lavoratore
Giusto il licenziamento di un dipendente che ha pubblicato un post offensivo riguardante la propria azienda su Facebook. Non ha importanza che il post incriminato fosse visibile solo ai suoi amici virtuali

Questa vicenda giudiziaria è stata innescata dallo sfogo di un lavoratore di una grande società, che ha pubblicato un post-critico sulla propria azienda sul suo profilo personale di Facebook. Anche se il post era visibile solo agli amici del lavoratore, è stato ampiamente diffuso attraverso degli screenshot riproposti da internauti non collegati direttamente all’autore del messaggio.
L'azienda ha reagito duramente a queste insinuazioni, mettendo alla porta il dipendente. I giudici di merito hanno ritenuto corretto il provvedimento, evidenziando il peso delle affermazioni diffamatorie condivise nel post dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro e dei vertici aziendali. I giudici hanno quindi valutato il post incriminato come offensivo e dispregiativo nei confronti dell'azienda, nonché dannoso per la sua immagine. In appello è stato confermato che il contenuto del post era diffamatorio, e che il licenziamento costituiva una reazione proporzionata alla gravità della condotta del lavoratore in quanto avrebbe incrinato il rapporto fiduciario tra azienda e dipendente.
In Cassazione, il lavoratore ha contestato che il post fosse stato visibile solo per un breve periodo e che fosse stato diffuso mediante screenshot contro la sua volontà. Queste obiezioni sono state però ritenute prive di rilevanza: il lavoratore non può essere esentato da responsabilità facendo affidamento su una norma che gli permetteva di compiere l'azione incriminata, soprattutto considerando i principi costituzionali che garantiscono la libertà e la riservatezza delle comunicazioni, comprese quelle effettuate tramite i social media. I magistrati della Cassazione confermano quindi l'opinione dei giudici d'appello, che hanno evidenziato come il contenuto diffamatorio del post sarebbe rimasto inalterato anche se la sua diffusione è stata limitata alle amicizie virtuali del lavoratore sul noto social network (Cass. n. 12142 depositata il 6 maggio 2024).