Contratti a termine illegittimi nel pubblico impiego privatizzato: risarcimento se è impossibile la stabilizzazione del lavoratore
Necessario però accertare prima l’impossibilità della conversione in contratti a tempo indeterminato

Se nel settore dell’impiego pubblico privatizzato è chiesta la conversione o la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti a termine per violazione delle regole che ne condizionano la legittimità, il giudice, a fronte della giuridica impossibilità di una tale tutela in forma specifica avverso l’illecito determinatosi, deve pronunciare sulla tutela per equivalente, cioè sul possibile risarcimento. I giudici ribadiscono che la conversione o la trasformazione dei contratti a termine illegittimi costituiscono, in caso di abusiva reiterazione o di durata oltre i limiti di legge, la sanzione in forma specifica propria dell’illecito perpetrato, come dimostra, almeno in ambito di pubblico impiego, il fatto stesso che, di contro, qualora sia domandato il risarcimento, è ritenuta misura sanante l’avvenuta stabilizzazione per effetto causale diretto della stessa successione o preesistenza di contratti a tempo determinato. Se così è, non vi è ragione per ritenere che il mero transito dalla tutela in forma specifica a quella per equivalente risarcitorio, rispetto ai medesimi contratti a termine, sia domanda nuova. Difatti, è evidente che la tutela per equivalente sia un minus o un surrogato legale della tutela in forma specifica. Ciò impone di ritenere che, chiesta ma ritenuta giuridicamente non praticabile la condanna in forma specifica, il giudice debba pronunciare sul risarcimento per equivalente. (Ordinanza 15027 dell’11 maggio 2022 della Corte di Cassazione)