Contestato il trasferimento in una nuova sede: ciò non legittima il rifiuto del lavoratore

Possibile ritenere illegittimo il licenziamento. Ma, vista la condotta del dipendente, è comunque concluso il rapporto

Contestato il trasferimento in una nuova sede: ciò non legittima il rifiuto del lavoratore

Rapporto di lavoro concluso per la dipendente che non prende possesso della nuova sede. Illegittimo però il licenziamento deciso dall’azienda, che per questo viene condanna a risarcire la lavoratrice versandole oltre 11.000 euro come indennità risarcitoria. Chiara la tesi portata avanti dall’azienda: alla dipendente è stata contestata disciplinarmente l’assenza ingiustificata dal lavoro, non avendo ella preso possesso presso la sede cui era stata trasferita. Per i giudici di secondo grado, però, il licenziamento va considerato illegittimo, stante la natura meramente procedurale della violazione, perché l’avere considerato il datore di lavoro tardive le giustificazioni della dipendente, scritte in realtà tempestivamente ma pervenute oltre i cinque giorni, equivale in sostanza a negarle il suo diritto di difesa e al contraddittorio, con violazione non dissimile dalla quella che si verifica quando il dipendente stesso ha chiesto invano di essere ascoltato di persona. Inutile, però, secondo i giudici, le contestazioni della lavoratrice sulla presunta illegittimità del trasferimento. Su questo fronte, difatti, viene ricordato, in ipotesi di trasferimento adottato in maniera forzata, l’inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione. (Sentenza 7392 del 7 marzo 2022 della Corte di Cassazione)

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